2. IL TRENO DEI MISSIONARI DELLA CARITÀ

La notte di martedì, 10 settembre 1946, S. Teresa di Calcutta stava viaggiando in treno verso il paese montagnoso di Darjeeling, nella catena dell’imponente Himalaya.

Si stava allontanando dall’affollata, rumorosa e caotica città di Calcutta, per ritirarsi nel silenzio della contemplazione, perché sapeva bene che la chiamata alla santità è accolta e può essere coltivata solo nel silenzio della contemplazione. Non sapeva e non si rendeva conto che la folla dalla quale cercava di allontanarsi la seguiva.

I suoi occhi erano chiusi, la mente era tranquilla, il treno stava correndo nella notte, quando, senza alcun preavviso, le apparve una grande folla: corpi consumati, divorati dai vermi; bambini abbandonati, orfani, non amati e trascurati; lebbrosi dai volti sfigurati, con piedi e membra monchi. Le mani tese verso di lei, parlavano a bassa voce ma con fermezza, senza lamentarsi: 

“Vieni, vieni, salvaci. Portaci da Gesù”. Siamo abbandonati, pecore senza pastore e senza guida; abbiamo bisogno di una guida, di qualcuno che ci aiuti, di un Salvatore!

La folla sapeva, prima ancora che lei lo sapesse, il progetto di Dio per lei. Ci sarebbe stato in lei un radicale cambiamento di vita, nella sua vocazione e missione. I suoi occhi non avevano ancora visto, la sua mente non aveva ancora percepito ciò che Dio stava preparando per lei!

Sebbene si allontanasse dalla folla, la folla la seguiva: era con lei, e lei si trovò in mezzo alla folla dalla quale cercava di fuggire! La folla affamata e assetata vide in lei la persona che l’avrebbe condotta al Salvatore! Gesù era ancora nascosto: voleva che lei lo vedesse con gli occhi della fede.

“Tommaso, perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” (Gv 20,29). In pochi minuti Gesù le avrebbe fatto incontrare una persona per lui molto speciale, la sua diletta Vergine Madre in mezzo alla folla:

“Prenditi cura di loro: essi sono miei; conducili a Gesù, porta Gesù a loro”, che è il loro Salvatore. Non la folla né S. Teresa M.C. e neppure la Vergine Maria possono salvare da soli le anime. Solo Gesù è il Salvatore. Lui solo è il nostro Salvatore. Lui solo può salvare tutti. Lui solo è l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo! (cfr. Gv 1, 29)

Ora Maria le affida il mondo dei poveri. Anche lei sapeva che S Teresa M.C. non avrebbe potuto agire da sola. Aveva bisogno di lei e del suo amato Figlio, perciò la Vergine la rassicurò:

“Non temere. Gesù ed io saremo con te e con i tuoi figli. Non temere, insegna loro a recitare il rosario, il rosario in famiglia, e tutto andrà bene”.

Chi sono i figli di S. Teresa di Calcutta? S. Teresa M.C. non lo sapeva ancora. Non le era ancora stato rivelato, ma la folla lo sapeva. Maria sapeva che S. Teresa M.C. era stata scelta per essere la sposa del suo amato Figlio, la sua compagna nella sua nuova e speciale missione!

Il treno continuava a correre nell’oscurità della notte, passando attraverso valli e colline. Il sonno fu interrotto di nuovo in modo drammatico. Lo Sposo stava per incontrare la sposa. Prima le aveva fatto incontrare la folla e sua madre, che le chiesero di portarli a Gesù. Questa era la sua nuova vocazione, di portare le anime dei poveri a Gesù.

Ora era il turno di Gesù di incontrare la sposa faccia a faccia:

“Sei la Mia piccola sposa, la sposa di Gesù Crocifisso”, era ancora una voce a parlare. Ora l’avrebbe visto alla presenza della sua amata madre. “Nella contemplazione di Cristo Crocifisso trovano ispirazione tutte le vocazioni”. La croce è l’origine e la struttura della vita consacrata, che “fa esperienza della verità di Dio-Amore in modo tanto più immediato e profondo quanto più si pone sotto la Croce di Cristo” (Vita Consecrata, 24).

La vocazione di S. Teresa di Calcutta trova la sua origine e ispirazione nella croce. Da allora in poi la sua canzone sarebbe stata dolce e gioiosa, anche se ci sarebbero state spine lunghe e appuntite sul suo cammino. La luce sarebbe diventata debole e il cammino arduo ma S. Teresa M.C. lo affrontò con coraggio.

La folla era avvolta nelle tenebre, eppure S. Teresa M.C. poteva vedere le persone e

“Nostro Signore sulla Croce. La Vergine un po’ distante dalla Croce”. Madre Teresa era davanti a Maria, come una bambina protetta dalle braccia della madre. La mano sinistra di Maria posava sulla spalla sinistra di Madre Teresa, mentre la sua mano destra sosteneva il braccio destro di Madre Teresa. Entrambe guardavano Gesù sulla croce, che le disse:

“Io te l’ho chiesto. Loro (la folla) te lo hanno chiesto e lei, Mia Madre te lo ha chiesto. Rifiuterai di fare questo per me, di prenderti cura di loro, di condurli a me?”.

Il treno non aveva smesso di correre e non era spuntato il mattino. Non c’era tempo per aspettare il mattino per dare la risposta. La risposta doveva essere immediata e sincera. Non c’era tempo per dubitare o esitare. Inoltre, Gesù stava ancora sulla croce, le braccia di Maria non si erano mosse. S. Teresa M.C. doveva rispondere velocemente. Avvertiva una voce interiore che le diceva: “Non aspettare, non c’è tempo da perdere. Gesù è sulla Croce, più indugio, più sofferenza per Gesù…Parla, Madre Teresa, non temere”. E lei parlò. Il suo cuore non poteva più fare resistenza, non c’erano più dubbi. La risposta venne, e fu positiva e creativa. S. Teresa di Calcutta seguì l’esempio di Maria all’Annunciazione: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38), e rispose: 

“Tu sai, Gesù, che sono pronta a partire immediatamente”“Sì, Gesù, di mia spontanea volontà, ti seguirò ovunque andrai in cerca di anime, ad ogni costo, solo per amore tuo”.

Non Gesù né Maria possono compiere da soli la loro missione, hanno bisogno dei nostri cuori per amare i poveri, delle nostre mani per servirli come Gesù stesso li avrebbe serviti: 

“Piccola Mia, vieni, sii la Mia luce”. “Non posso andare da solo”… dai lebbrosi, dai senzatetto, dagli storpi e dai disabili, dai moribondi. 

“Portami con te dentro di loro”, nelle loro case, nelle strade, nei vicoli bui, accogli i poveri, nutrili, saziali, vestili, fai loro visita, confortali, fai tutte queste cose per me. Madre Teresa, fallo per noi.

”La tua vocazione è di amare, soffrire e salvare anime”. Sembra che risuonino le parole di San Gregorio Nazianzeno: “Dio, di nessuna cosa si rallegra, come della conversione e della salvezza dell’uomo. Per l’uomo, infatti, sono state pronunziate tutte le parole divine e per lui sono stati compiuti i misteri della rivelazione”.

Con S. Teresa di Calcutta, Gesù istituì una nuova compagnia ferroviaria, il “Treno dei Missionari della Carità”, da Calcutta fino ai confini della terra.

Il “Treno dei Missionari della Carità (M.C.)” fa servizio continuo, estingue l’infinita sete di Gesù in tutto il mondo. Il “Treno M.C.” è affollato di poveri, di senzatetto, di storpi e disabili, di ragazze madri, di bambini non amati e non curati, di anziani dimenticati, di lebbrosi e di ammalati di AIDS, di persone disperate che vivono nell’ombra della morte, di persone turbate, amareggiate e vendicative per le loro condizioni sociali dovute alle differenze di religione, di nazionalità e cultura. Tutti, senza distinzione, possono trovare posto sul “Treno M.C.”.

“Il “Treno M.C”. è il treno di Gesù, che ne è il proprietario. Continua a raccogliere persone ai lati delle strade delle grandi città del mondo. C’è sempre posto sul “Treno M.C”. Per le persone di buona volontà ci sono molte occasioni per salire sul “Treno M.C.”, per offrire servizio gratuito e di tutto cuore, per diventare membri della famiglia dei Missionari della Carità, MLC, collaboratori, benefattori e volontari.

Ci sono sempre persone da nutrire, assetati da dissetare, ignudi da vestire, senzatetto da accogliere, ammalati da visitare, carcerati da aiutare, storpi da sorreggere, disabili da accudire, ammalati di lebbra e AIDS da curare.

Sì, Gesù, se tu vuoi, li puoi toccare e guarire. Nel lontano 1947, hai detto a S. Teresa di Calcutta che volevi le Missionarie della Carità, perché “per i Miei più poveri non c’è assolutamente nessuno”. Tu vuoi prima di tutto e principalmente che i tuoi poveri siano amati e accuditi, serviti e curati. Ti chiediamo, perciò, Signore: “Rendici degni di servire i nostri fratelli in tutto il mondo, che vivono e muoiono in povertà e fame, al freddo e in miseria, senza le necessità base della vita. Dà loro, Signore, attraverso le nostre mani, il loro pane quotidiano e, attraverso il nostro amore comprensivo, dà pace e gioia”.

Il “Treno M.C.” deve correre continuamente, senza cercare riposo o ricompensa. Il “Treno M.C.” deve sempre avere posto per accogliere, amare e servire.

Il “Treno M.C.” appartiene alla Santa Famiglia. E’ il treno della Santa Famiglia, perché ogni comunità della famiglia dei Missionari della Carità, senza eccezioni, deve essere un’altra Nazareth. Deve avere lo spirito della Santa Famiglia, lo spirito di calorosa accoglienza e ospitalità generosa. Il “Treno M.C.” deve essere permeato del profumo della preghiera, cercando di pregare con maggior fervore, di sorridere più teneramente e di offrire più sacrifici.

Gesù è il centro del “Treno M.C.”, e tutti devono ricordare che Gesù ne è il capitano e il proprietario. Dobbiamo quindi essere sempre pronti e desiderosi di consultarlo, di chiedere la sua guida, di riceverlo nel Pane di vita nella Messa quotidiana e nella santa Comunione, senza il quale il “Treno M.C.” non può correre e non può sfamare i suoi passeggeri.

L’amata sposa di Gesù scrive:

“Una cosa chiedo a Lei, Eccellenza, di darci tutto l’ aiuto spirituale di cui abbiamo bisogno. Se abbiamo Nostro Signore in mezzo a noi, con la Messa e la Santa Comunione quotidiana, non temo nulla, né per le sorelle, né per me. Lui si prenderà cura di noi. Ma senza di Lui non posso stare: sono impotente” (S. Teresa M.C. all’Arcivescovo Périer, S.J., 1947).

Gesù è l’epicentro. Gesù, tu stesso hai detto: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5). Gesù è l’epicentro della nostra vita: lui è la vite e noi siamo i tralci. San Paolo dice: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fl 4,13). Anni più tardi, S. Teresa M.C. scriveva a uno dei suoi Direttori Spirituali: 

“Voglio solo Dio nella mia vita. L’opera è veramente e unicamente sua: Egli mi ha detto cosa fare, Egli ha guidato ogni mio passo, dirige ogni mio movimento mette le parole sulle mie labbra, mi fa insegnare la via alle sorelle. Tutto questo e ogni cosa in me è Lui. E’ per questo che quando il mondo mi loda, in realtà non sfiora nemmeno la superficie della mia anima. Riguardo all’opera, sono convinta che viene tutta da lui” (Lettera a Padre Neuner, 1961).

“Non depredare il povero, perché egli è povero,

e non affliggere il misero in tribunale,

perché il Signore difenderà la loro causa

e spoglierà della vita coloro che li hanno spogliati” (Pr 22,22-23).

Dio stesso verrà a salvare i poveri ed è venuto in Gesù Cristo. Infatti, leggiamo: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, per annunziare ai poveri il lieto messaggio” (Lc 4,14 ss.).

L’anno 2007 è passato nell’oblio, portando con sé molte persone, familiari, conoscenti, amici, stranieri e persone estranee, di ogni classe sociale, di religioni diverse o di nessuna religione. Se ne sono andati senza eccezione, e sono morti. Presto o tardi sarà anche il nostro turno di abbandonare e di sacrificare anche i doni più preziosi, inclusi i nostri cari e le persone a noi più vicine. Non si fanno eccezioni: una volta nati è certo che dobbiamo morire. Non invece certo il come, dove e quando della nostra definitiva partenza da questa valle di pene e di dolori. C’è una poesia che dice: “Oggi tocca a me, domani a te. Preparati, dunque, puoi essere chiamato”…preparati a ritornare alla casa di Dio, in qualsiasi ora del giorno o della notte: “Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno, né l’ora” (Mt 25,13).

Ricordi indimenticabili. L’anno 2007 ci ha lasciato molti ricordi indimenticabili, buoni e cattivi, felici e tristi, piacevoli e meno piacevoli. Può essere utile ed arricchente cercare di ricordare alcuni dei più interessanti. Cerchiamo di capire il significato dell’opera che il buon Dio compie per i nostri poveri attraverso di noi. Dobbiamo riconoscere, come fece S. Teresa di Calcutta, la nostra Fondatrice, che siamo deboli, indegni e peccatori. Dio non sceglie perché si è migliori e più santi, ma come disse a S. Teresa M.C.: “Proprio perché sei incapace, debole e, peccatrice voglio usarti per la Mia gloria!”

Desidero esprimere la mia sincera gratitudine a Dio per voi LMC, collaboratori, benefattori spirituali e temporali, per i nostri poveri e per tutti coloro che ci hanno aiutato. La vostra vita è diventata una esegesi delle parole di Gesù: 

Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”(Mt 25,40). La vostra tenera premura per i bisognosi, che si esprime nella preghiera, nell’aiuto e nell’ospitalità, è divenuta parte della vostra vita, come si legge nell’esortazione apostolica “Vita Consecrata” (82): “E come potrebbe essere diversamente, dal momento che il Cristo raggiunto nella contemplazione è lo stesso che vive e soffre nei poveri”, nei disabili, nei senzatetto, negli ammalati, negli anziani, nelle persone sole e dimenticate.

C’è una apparente tensione tra la vita attiva e quella contemplativa nella vita di molti santi come San Bernardo di Clairvaux, S. Caterina da Siena…, S. Teresa di Calcutta, San Giovanni Paolo II, il quale scrisse: “In San Giuseppe, l’apparente tensione tra la vita attiva e quella contemplativa trova un ideale superamento, possibile a chi possiede la perfezione della carità” (Redemptoris Custos, 27). La soluzione sta quindi nella perfezione della carità. Dobbiamo perciò lavorare sulla carità.

Ringrazio quelli che hanno condiviso con noi e con i nostri poveri la gioia del Tempo di Natale e dell’Anno Nuovo attraverso telefonate, lettere, cartoline e posta elettronica. Alcuni di voi sono venuti a servire i nostri poveri di persona, altri hanno portato doni, altri ancora offerte. Raccomando ciascuno di voi ardentemente a Dio, perché vi ricompensi cento volte tanto al presente con tutto ciò di cui avete bisogno e con la vita eterna nel futuro.

Il “Treno M.C.”, con i suoi vari scompartimenti, viaggia lentamente, ma in modo sicuro, per arrivare alla destinazione finale per cui siamo stati creati, per essere cioè con Gesù dove egli è: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io” (Gv 17,24).

Con affetto e preghiere.

Dio vi benedica.

P. Sebastian Vazhakala M.C.