7. IL “CARISMA DI MADRE TERESA”, LA VIA ALL’ETERNITÀ E IL VISTO PER ENTRARE IN PARADISO

“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49)

Il “Carisma di Madre Teresa” è un patrimonio inesauribile non solo per la famiglia dei Missionari della Carità, ma anche per tutte le persone di buona volontà di ogni religione, nazionalità, casta e colore. Il carisma dei Missionari della Carità deve continuare a diffondersi.

Il “Carisma di Madre Teresa” è in qualche modo parte della nostra vita quotidiana. E’ la via della pace e della gioia, è la via all’eternità, il visto per entrare in Paradiso, allena le persone per il Paradiso, per udire le parole di Gesù: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo…” (cfr. Mt 25,31-46).

Il “Carisma di Madre Teresa” ha la fede come fondamento, la speranza come forza motrice e la carità come scopo. Si fonda su una fede profonda e incrollabile, perché S. Teresa di Calcutta era convinta fin dall’inizio che la sua opera con i poveri era l’opera di Dio e che qualsiasi cosa facesse per qualcuno di loro lo faceva a Gesù. Si fonda sulla fede, perché S. Teresa M.C. dava da mangiare a Dio negli affamati, dissetava Dio negli assetati, lo vestiva di dignità negli ignudi, lo accoglieva nei senzatetto, lo visitava negli ammalati, negli anziani e nelle persone sole, nei lebbrosi, negli ammalati di AIDS e lo consolava in ogni genere di carcerati. 

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6. SETE ARDENTE DI DIO, SETE ARDENTE DI SANTITÀ

Un venerdì mattina, in una Cappella di San Paolo, in Brasile, mentre ero in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, la parola “santo” continuava a venirmi in mente. Non capivo che cosa stesse succedendo e che cosa fare, sebbene il Signore avesse messo nel mio cuore il desiderio di diventare santo da quando risalgono i miei ricordi, attraverso la mia amata madre, che anche voleva essere santa. So anche che ne sono ancora molto lontano, come chi vuole raggiungere la vetta del Monte Everest e si trova ancora alla base. Non potevo in ogni modo ignorare la realtà e così cominciai a riflettere sulla parola HOLY (SANTO) e a considerare che cosa potevano significare le quattro lettere di quella parola.

H – Humility (Umiltà)

Umiltà – Mi resi conto che, se voglio essere santo, devo cominciare dall’umiltà. Esaminai attentamente la vita dei santi che conoscevo e non ne trovai nessuno che fosse stato orgoglioso. Ciò che invece li rese santi fu che credettero e furono convinti che senza Dio non potevano diventare santi, non potevano compiere l’opera di Dio e vivere una vita di santità.

Cos’è l’umiltà? La parola “humus” in latino significa terreno, terra. La spiegazione di S. Tommaso d’Aquino sull’umiltà è importante. Egli afferma che l’umiltà è credere che tutto ciò che è buono in me viene da Dio. Ciò comprende anche il luogo di nascita, perché non l’ho scelto, ma me lo ha donato il buon Dio. Non ho scelto i miei genitori, ma sono un dono di Dio. Dovrei quindi ringraziare Dio e pregare per loro più assiduamente e ferventemente soprattutto se non sono in buoni rapporti con loro. A poco a poco mi rendo conto che tutto e tutti sono doni di Dio e devo diventare sempre più grato a Dio.

Dobbiamo riconoscere che tutti i talenti che abbiamo, come pure l’educazione che abbiamo ricevuto, sono tutti doni di Dio e devono essere usati per gli altri ed essere condivisi. L’umiltà non vuol dire negare la verità, ma rendere manifesta la santità di Dio attraverso i doni ricevuti.

Santa Teresa di Calcutta soleva affermare che è facile capire la grandezza di Dio, ma è più difficile capire l’umiltà di Dio. Come poté un Dio, che è impenetrabile, diventare uomo, nascere da donna, nascere sotto la legge della natura e accettare tutte le vicissitudini di questa vita terrena? Arrivò persino a dirci di imparare da Lui, che è mite e umile di cuore (cfr Mt 11,30).

San Tommaso d’Aquino afferma che l’umiltà si fonda su due pilastri: la verità e la giustizia. La verità, dice, è riconoscere che tutto ciò che è buono in noi viene da Dio; la giustizia significa quindi dare tutto l’onore e la gloria a Dio. Significa dare a Cesare ciò che appartiene a Cesare e dare a Dio ciò che è di Dio; in altre parole tutta la gloria e l’onore appartengono a Dio. Santa Teresa di Calcutta ne è un esempio: nulla le fece credere che i molti riconoscimenti e dottorati “ad honorem”, che ammontano a settecento, erano dovuti alle sue abilità, alla sua intelligenza e capacità, al suo potere. Era ben consapevole che era Lui e non lei, che gli attestati erano di Dio e non suoi. Tutto l’onore e la gloria andavano a Dio, compreso l’importante premio Nobel per la Pace del 10 dicembre 1979. Accettava inoltre tutti i riconoscimenti e gli onori nel nome dei poveri, per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

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5. GESÙ EUCARISTICO NELLA VITA DI SAN GIOVANNI PAOLO II E DI SANTA TERESA DI CALCUTTA

Il mondo dei credenti e anche dei non credenti aspettava ansiosamente il 27 aprile 2014, Domenica della Misericordia. Piazza S. Pietro e altre parti della storica città di Roma erano affollate di pellegrini provenienti da ogni angolo della terra, per partecipare alla gioia della canonizzazione di uno dei grandi santi del nostro tempo, alla cui morte i giovani hanno gridato ad una voce: “Santo subito!”.

Il grido elevato dai quattro angoli della terra giunse al cielo, e il Signore concesse per sua intercessione i miracoli richiesti per la beatificazione, il 1 maggio 2011, e per la canonizzazione, il 27 aprile 2014. Si è così unito alla schiera dei beati in cielo, compresa santa Teresa di Calcutta, la madre dei poveri, proclamata beata dallo stesso san Giovanni Paolo II nel 25° anniversario del suo pontificato e canonizzata da Papa Francesco il 4 settembre 2016.

Santa Teresa di Calcutta e san Giovanni Paolo II: questi due grandi santi del nostro tempo hanno lasciato in eredità una fede profonda e l’indimenticabile esempio di un grande e invincibile amore per Dio. Qual era il segreto della loro vita? Chi li ispirò e diede loro forza e coraggio di compiere tutto ciò che hanno compiuto?

Il loro ricordo è ancora vivo, perché molti di noi hanno avuto l’inestimabile privilegio di camminare e di operare con entrambi o almeno con uno di loro. Entrambi hanno attinto dal loro incontro con Gesù eucaristico la forza di rinnovare la loro capacità di amare il prossimo, in particolare i poveri, gli ultimi e i minimi.

San Giovanni Paolo II e santa Teresa di Calcutta erano fermamente convinti che la loro vita si fondava su Gesù eucaristico. Gesù eucaristico e la Beata Vergine Maria a poco a poco si impossessarono di loro così da diventare “potenti magneti” che attiravano anime a Dio e Dio alle anime. Entrambi si segnalarono per la loro devozione alla Eucaristia; entrambi amarono Gesù nell’Eucaristia e lo amarono e servirono nel prossimo, in particolare nei più poveri. “E come potrebbe essere diversamente, dal momento che il Cristo raggiunto nella contemplazione è lo stesso che vive e soffre nei poveri?” (Vita Consecrata, 82).

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4. L’EUCARISTIA, S. TERESA DI CALCUTTA E I POVERI

Si può affermare che la santa Eucaristia è la vita della Chiesa. In essa è contenuta tutta la ricchezza della Chiesa, perché l’Eucaristia è la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana. Non meraviglia quindi che San Giovanni Paolo II abbia proclamato un anno dell’Eucaristia, dall’ottobre 2004 all’ottobre 2005. Siamo invitati a contemplare il grande mistero dell’Eucaristia e a vivere, per quanto possibile, una vita eucaristica. Si può, infatti, affermare che la vera vita cristiana è una vita eucaristica.

La santa Messa e la Comunione non si possono separare dalla vita del cristiano. I frutti che ne derivano dipendono dalla nostra preparazione e partecipazione alla santa Messa. Molti santi trascorrevano tanta parte della giornata nel ringraziamento per la Messa e la Comunione, e un’altra parte nella preparazione. Nella sacrestia delle cappelle dei Missionari della Carità si nota un cartello che ricorda ad ogni sacerdote di celebrare la santa Messa con devozione, contemplazione ed entusiasmo. Si legge: 

Sacerdote di Dio,

celebra questa santa Messa come fosse 

la tua prima Messa,

la tua unica Messa e 

la tua ultima Messa”

Naturalmente queste parole si riferiscono sia al celebrante sia a chi partecipa alla Messa.

Via della purificazione. La celebrazione della santa Messa si divide in tre parti: la prima è un breve rito penitenziale, il cui scopo è quello di preparare e disporre sia il celebrante sia i partecipanti all’ascolto della Parola di Dio e a ricevere l’Eucaristia in modo degno. I frutti della santa Messa dipendono dalla nostra disposizione interiore, se siamo preparati a ricevere grandi grazie. Si può paragonare il breve rito penitenziale alla “via della purificazione” all’inizio della nostra vita spirituale. Esso dipende molto dai nostri sforzi, dalla nostra generosità e buona volontà, soprattutto dalla nostra collaborazione con la grazia di Dio. E’ sempre congiunto al dolore, perché comporta il sacrificio della nostra volontà alla volontà di Dio. Questo rito, che si ripete e si rinnova ad ogni celebrazione della santa Messa, ci prepara al passo successivo che si chiama “via dell’illuminazione”, che nella santa Messa corrisponde alla Liturgia della Parola.

Nessun seminatore semina se il campo non è pulito e debitamente preparato. Il seminatore sa che sarebbe semplicemente una perdita di tempo seminare in un campo che non è stato arato, ripulito e concimato. Lo stesso principio si applica ad ogni celebrante e ad ogni partecipante alla Messa, specialmente per la Parola di Dio, seminata nel nostro cuore ad ogni celebrazione.

Via dell’illuminazione. La Liturgia della Parola non è solamente parte essenziale della Messa, ma anche parte integrante della nostra crescita spirituale. Dobbiamo essere ben preparati e disposti all’ascolto, se possibile leggendo i testi in anticipo, riflettendo, meditando e contemplando su di essi. Ciò vale non solo per colui che dovrà predicare, ma anche per tutti quelli che partecipano all’Eucaristia.

L’omelia dovrebbe risvegliare nell’ascoltatore il seme della fede, che potrebbe essere assopito nel cuore dei credenti. La qualità dell’omelia non dipende da quanto lunga sia e dal numero delle parole, ma da come sia stata preparata e dalla convinzione con cui è esposta. C’è una grande differenza tra ciò che copiamo dal un libro e ciò che esponiamo con il cuore e con le esperienze della nostra vita.

Via dell’unione. La Parola di Dio non solo deve illuminare il cuore e la mente, ma anche prepararci a celebrare la parte più importante della santa Messa: la Liturgia dell’Eucaristia e la santa Comunione. Se la seconda parte, in altre parole la “via dell’illuminazione”, che è la Liturgia della Parola, termina con il Credo e la preghiera dei fedeli (nelle domeniche e nelle solennità), la terza parte si conclude in pratica con la santa Comunione. Questa parte si può chiamare la “via dell’unione”. Così come nella nostra vita spirituale dobbiamo passare attraverso la “via dell’illuminazione” e la “via della purificazione” per arrivare alla “via della unione mistica e sponsale”, così anche in ogni celebrazione eucaristica non solo si ricordano, ma si rinnovano e si rivivono queste tre vie.

  1. Teresa di Calcutta scrisse: 

“Questo desiderio di saziare la sete di Nostro Signore delle anime dei poveri, di pure vittime del Suo amore, continua a crescere a ogni Messa e Santa Comunione”

Per questa ragione, nel lontano 1946-47, quando stava scrivendo le prime Costituzioni per la futura Congregazione delle Missionarie della Carità, che il suo Sposo crocifisso, Gesù, le aveva chiesto di fondare, S. Teresa M.C. scrive: 

“Le Sorelle dovrebbero usare ogni mezzo per imparare a crescere in quel tenero amore per Gesù nel Santissimo Sacramento”.

  1. Teresa M.C. non solo rinnovava ogni giorno nella celebrazione dell’Eucaristia la sua “chiamata nella chiamata” a prestare servizio gratuito e di tutto cuore ai più poveri tra i poveri, ma anche trovava la sua forza nella Comunione quotidiana. Infatti, lei scrisse all’Arcivescovo di Calcutta, F. Périer, S.J.:

“Una cosa chiedo a lei, Eccellenza, di darci tutto l’aiuto spirituale di cui abbiamo bisogno. Se abbiamo Nostro Signore in mezzo a noi, con la Messa e la Santa Comunione quotidiana, non temo nulla né per le Sorelle, né per me. Lui si prenderà cura di noi. Ma senza di Lui non posso stare: sono impotente”.

Voleva che le Sorelle facessero il lavoro dei sacerdoti. Nel libro originale delle Costituzioni S. Teresa M.C. scrisse: 

”Poiché le Sorelle devono fare il lavoro del sacerdote – andare dove lui non può andare e fare ciò che lui non può fare – devono assorbire lo spirito della Messa, che è uno spirito di totale abbandono e offerta. Per questa ragione la santa Messa deve diventare l’incontro quotidiano, dove Dio e la Sua creatura si offrono reciprocamente per se stessi e per il mondo”.

Qui vediamo la conoscenza profonda di S. Teresa di Calcutta dell’Eucaristia e della sua unione mistica. Fu questa inscindibile unione sponsale che le diede la forza di continuare a fare ciò che fece. La vita che viveva non era più la sua, ma era Gesù che viveva in lei e operava attraverso di lei. Poteva fare tutto in Gesù, per Gesù e con Gesù, che le dava forza attraverso la Comunione eucaristica quotidiana. 

Nella sua prima lettera all’Arcivescovo Périer, il 13 gennaio 1947, scrisse: “Un giorno alla Santa Comunione, udii chiaramente la stessa voce”

Cosa udì S. Teresa M.C. da Gesù Eucaristico?

  1. Il genere di Suore che avrebbe dovuto avere e le qualità che queste avrebbero dovuto possedere: 
    • “Voglio Suore indiane, vittime del Mio amore, che sarebbero Maria e Marta; che sarebbero talmente unite a Me da irradiare il Mio amore sulle anime.
    • Voglio suore libere rivestite della Mia povertà della Croce.
    • Voglio suore obbedienti rivestite della Mia obbedienza della Croce.
    • Voglio suore piene d’amore rivestite della mia Carità della Croce”.
  2. Il tipo di persone di cui lei e le sue Suore avrebbero dovuto prendersi cura:

“Ci sono moltissime suore che si prendono cura di persone ricche e capaci, ma per i Miei più poveri non c’è assolutamente nessuno. Sono loro che desidero ardentemente, sono loro che amo. Rifiuterai?”

  1. Il nome della Congregazione che Gesù voleva che lei fondasse:

“Voglio suore indiane Missionarie della Carità, che sarebbero il Mio fuoco d’amore fra i più poveri, i malati, i moribondi, i bambini di strada”.

  1. Udì ancora che lei e le sue suore avrebbero dovuto portare i poveri a Gesù: 

“Voglio che tu conduca a me i poveri, e le sorelle che offrissero la loro vita come vittime del Mio amore, condurranno queste anime a Me”.

“So che sei la persona più incapace, debole e peccatrice, ma proprio perché sei così, voglio usarti per la Mia gloria. Rifiuterai?”

  1. Gesù le disse il tipo di abito che avrebbe dovuto indossare: 

“Indosserai semplici abiti indiani, o piuttosto vestirai come Mia Madre si vestì, semplice e povera…Il tuo sari diventerà sacro perché sarà  il Mio simbolo”.

  1. Gesù le disse molto chiaramente quale fosse la sua vocazione: 

“La tua vocazione è di amare, soffrire e salvare anime”.

  1. Le assicurò che lei era la sua piccola sposa e che avrebbe sofferto molto: 

“Se sei la Mia piccola sposa, la sposa di Gesù crocifisso, dovrai sopportare questi tormenti nel tuo cuore”.

  1.  Lo Sposo Eucaristico le promise che non l’avrebbe lasciata mai, purché confidasse amorevolmente e ciecamente in Lui, gli obbedisse prontamente e gioiosamente, senza fare domande.

Nel racconto della seconda visione, la Vergine Maria chiese a S. Teresa M.C. di prendersi cura dei poveri e di portarli a Gesù. Le parole esatte furono:

“Prenditi cura di loro: essi sono miei; conducili a Gesù, porta Gesù a loro”

La Vergine Maria voleva che St. Teresa M.C. continuasse a fare ciò che fece lei immediatamente dopo l’Annunciazione. All’Annunciazione Maria ricevette Gesù prima nel suo cuore e poi nel grembo, e dopo andò in fretta a portare Gesù alla cugina Elisabetta e agli altri. “L’Annunciazione fu il giorno della prima Santa Comunione di Maria”, soleva dire S. Teresa di Calcutta. Proprio come Maria che, dopo aver ricevuto Gesù nell’Annunciazione, andò in fretta a donarlo agli altri, così anche ogni Fratello o Sorella Missionario/a della Carità riceve Gesù nella santa Comunione e va in fretta a darlo ai poveri. La Vergine Maria ribadì alla S. Teresa M.C. di portare Gesù a loro. Le promise anche il suo immancabile aiuto:

“Non temere, Gesù e io saremo con te e con i tuoi figli”.

Cristo nei poveri. Qui vediamo l’inseparabile duplice presenza di Gesù nel Pane di vita e nelle sembianze sofferenti dei più poveri tra i poveri. Gesù chiese a S. Teresa di Calcutta:

“PortaMi nei “buchi” dei poveri. Non posso andare da solo: essi non Mi conoscono e quindi non Mi vogliono. Vieni, vai in mezzo a loro”

Gesù vuole che S. Teresa M.C., le Sorelle e i Fratelli vadano in mezzo ai poveri non come assistenti sociali, politici o padroni, sia uomini che donne, ma come servi indegni, ai quali è stato chiesto di portare Gesù nelle case e nei bassifondi dei poveri. Gesù vuole andare a trovare i poveri, ma non può andare da solo. Gesù non può operare tra i suoi poveri senza di noi e noi non possiamo operare senza di lui: “Senza di me non potere fare nulla” (Gv 15,6); “Tutto posso in colui che mi dà forza” (San Paolo).

  1. Teresa di Calcutta andò più in profondità con Gesù Eucaristico, come appare nelle sue parole: 

“Come Gesù si lascia spezzare per darsi a noi come cibo, anche noi dobbiamo lasciarci spezzare, dobbiamo condividere prima di tutto con i nostri cari, nella nostra casa, nelle nostre comunità, perché l’amore comincia in casa. Ogni Santa Comunione ci riempie di Gesù e dobbiamo andare in fretta, con Maria, per donarlo agli altri. Per lei, Gesù entrò nella sua vita il giorno della sua prima Santa Comunione, ed è così anche per tutti noi. Egli si fece Pane di vita, perché anche noi, come Maria, diventassimo pieni di Gesù. Perché anche noi, come lei, andassimo in fretta a darlo agli altri e come lei, andassimo a servire gli altri” (Discorso di S. Teresa M.C. ai Fratelli e ai collaboratori, Los Angeles, 1 luglio 1977).

Secondo S. Teresa M.C., Gesù Eucaristico ci mantiene zelanti, ferventi ed entusiasti. L’amore per l’Eucaristia ci aiuta ad amare i poveri, come scrisse in una sua lettera:

“Cercate di essere l’amore di Gesù, la compassione di Gesù, la presenza di Gesù l’uno per l’altro e per i poveri che servite. L’umiltà è sempre la radice dello zelo per le anime e della carità. Noi vediamo questo in Gesù, sulla Croce e nell’Eucaristia “ (giugno 1990).

A poco a poco Gesù Eucaristico s’impossessò di Madre Teresa, trasformandola completamente in lui, da poter diventare Gesù per tutti. Le persone guardavano a lei, ma non vedevano più lei, ma soltanto Gesù. Come un magnete aderisce ad un pezzo di ferro, così lei era divenuta una cosa sola con il suo amato Sposo, che l’aveva chiamata la sua piccola Sposa: 

“Tu sei la Mia piccola sposa, la sposa di Gesù crocifisso”. Da questa inscindibile unione sponsale si generano anime: “Piccola Mia, damMi anime, damMi le anime dei poveri bambini di strada”. Gesù la supplica di dargli anime.

In S. Teresa di Calcutta c’era un insaziabile desiderio sponsale, che si identificava con la sete di Gesù sulla croce per amore e per le anime. Da allora in poi avrebbe continuato a pregare, soffrire e operare giorno e notte per Gesù, perché il suo amato Sposo era tutto per lei:

“Gesù, Gesù mio, sono soltanto Tua…Ti amo non per ciò che mi dai, ma per ciò che prendi”

Nella lettera all’Arcivescovo di Calcutta scrisse:

“Veramente bramo di essere soltanto Sua, ardere completamente per Lui e per le anime. Voglio che Lui sia amato teneramente da molti…Ho già dato tutto a Lui”.

L’Eucaristia e i poveri sono inseparabili. Sono le due facce della stessa medaglia. Non c’è nulla di nuovo in questo nella Chiesa, come possiamo chiaramente leggere nei vangeli. Colui che disse: “Questo è il mio corpo” è la stessa persona che disse: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare…” (cfr. Mt 6,26; 25,35). 

Alcuni Padri della Chiesa come Sant’Ambrogio, San Giovanni Crisostomo furono molto chiari nelle loro affermazioni. San Giovanni Crisostomo, per esempio, scrisse: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità. Colui che ha detto: ‘Questo è il mio corpo’, è il medesimo che ha detto: ‘Voi mi avete visto affamato e mi avete nutrito’ e ‘Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me…’. A che serve che la tavola eucaristica sia sovraccarica di calici d’oro, quando Lui muore di fame? Comincia a saziare lui affamato, poi con quello che resterà potrai ornare anche l’altare”.

In conclusione, si può affermare che ognuno deve riscoprire l’importanza e la necessità dell’Eucaristia nella propria vita, e ciò porta necessariamente ad andare in cerca dei poveri. San Giovanni Paolo II scrisse ai giovani di tutto il mondo in occasione della XIX Giornata Mondiale della Gioventù: “Cari amici, se imparerete a scoprire Gesù nell’Eucaristia, lo saprete scoprire anche nei vostri fratelli e sorelle, in particolare nei più poveri…E’ con tale libertà interiore e tale bruciante carità che Gesù ci educa ad incontrarlo negli altri, in primo luogo nel volto sfigurato del povero. La Beata Teresa di Calcutta amava distribuire il suo “biglietto da visita”, sul quale stava scritto: ‘Frutto del silenzio è la preghiera; frutto della preghiera la fede, frutto della fede l’amore, frutto dell’amore il servizio, frutto del servizio la pace’ Ecco il cammino dell’incontro con Gesù”.

Andiamo ad incontrarlo nei poveri, rendendo il nostro amore fruttuoso nel servizio. Questo sia per noi una sete insaziabile, un costante sforzo e un’ardente preghiera.

Con affetto e preghiere.

Dio vi benedica.

P.Sebastian Vazhakala M.C.

 

3. DAL CALVARIO A CALCUTTA

Maria e Giuseppe. Dio amò tanto la Vergine Maria da donarle il suo Figlio unigenito. L’Immacolata Vergine Maria lo ricevette prima nel suo cuore e poi nel suo grembo (cfr. Lumen Gentium, 53). Dal momento in cui Maria accolse la parola del Padre eterno nel suo grembo verginale, lo amò più d’ogni altra persona, più d’ogni cosa e più di se stessa. Ma l’amore che sentiva per Gesù non era completo. Con Gesù andò in fretta a donarlo alla cugina Elisabetta e agli altri. D’allora la sua vita divenne inseparabile dalla vita di Gesù, e viceversa. Si può affermare che la Vergine di Nazareth, scelta dal Padre eterno per essere la Madre di Dio e la Madre del Redentore, visse e operò per Gesù, il suo diletto Figlio.

Dall’Annunciazione che, come soleva dire S. Teresa di Calcutta, fu per Maria il giorno della sua prima Comunione, Maria divenne il tabernacolo del Signore. Per nove mesi il Figlio di Dio, il Creatore dell’universo, il Redentore dell’uomo, dimorò in lei, crebbe in lei e respirò in lei. I loro cuori battevano all’unisono. Gesù andava dove andava Maria, dormiva dove lei dormiva, e Maria lo nutriva con il suo stesso sangue. Nessuna altra persona ebbe una vicinanza fisica e un intimità spirituale più grande di quella che Maria ebbe con Gesù. La loro relazione, specialmente l’intimità spirituale, non soltanto durò trentatre anni, ma si rafforzò e si approfondì con gli anni, vivendo ed operando insieme per la salvezza del mondo, anche quando la loro missione terrena ebbe termine.

La persona scelta da Dio per condividere la vicinanza fisica e l’intimità spirituale fu S. Giuseppe. Fu a S. Giuseppe che il Padre eterno affidò la cura e la protezione di Gesù e di Maria. Queste furono le tre persone più straordinarie che siano mai vissute sulla terra. In tutte e tre non c’era altro desiderio che fare la volontà di Dio Padre, non c’era altro che amore e servizio. Non c’era altra ambizione che quella di dare e di condividere, non c’era altra fame e sete che quella di conoscere Dio, di amarlo pazzamente e di servirlo con tutto il cuore, di insegnare ad obbedire ai suoi comandamenti, di portare le anime a Dio e Dio alle anime.

Erano persone di profonda convinzione e le loro convinzioni si rafforzarono e si approfondirono vivendo insieme. L’intimità con Gesù rese Maria e Giuseppe ancora più convinti dell’importanza della loro vocazione e missione. La loro vocazione e missione non si limitarono al breve periodo della loro vita in questo mondo di sofferenza, di prove e dolori, ma divennero ancora più potenti, efficaci e straordinari dopo il loro ritorno alla casa del Padre. La loro missione d’amore divenne un’estensione del piano d’amore del Padre per l’umanità. Il Padre eterno, che ama il mondo più di quanto una madre ami il suo bambino (cfr. Is 49,15), non solo rivela attraverso di loro il suo piano di salvezza, ma fa in modo che attraverso di loro si realizzi fino alla fine del mondo. In questo Nostra Signora è la figlia altamente favorita e privilegiata, che il Padre del nostro Signore Gesù Cristo ha benedetto con ogni benedizione spirituale nei cieli per diventare la madre del suo Figlio unigenito.

Gli interventi della Madre di Dio per salvare le anime. Gli interventi di Maria nella storia e nella vita dell’umanità sono molti. Il suo messaggio è semplice, ma profondo e pratico. E’ evidente che Dio vuole continuare a salvare il mondo attraverso il suo cuore immacolato e materno. Le sue apparizioni e i suoi messaggi sono interpretazioni degli insegnamenti di Gesù come si trovano nel Vangelo. Così in tempi e luoghi diversi, Maria apparve ad anime pure ed innocenti per salvare attraverso di loro le anime. Così, per esempio, abbiamo Bernadette a Lourdes, Lucia, Francesco e Giacinta a Fatima, e S. Teresa M.C. a Calcutta.

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